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Biogas: di cosa si tratta?

I biogas sono una miscela di vari tipi di gas, composti principalmente da metano, prodotti dalla fermentazione batterica in anaerobiosi, ossia in assenza di ossigeno, dei residui organici provenienti da residui vegetali o animali.

I residui utili alla sintesi di biogas possono avere più origini: scarti dell'agroindustria, dell'industria alimentare, dell'industria zootecnica; si possono utilizzare anche colture appositamente coltivate allo scopo di essere raccolte e trinciate per produrre "biomassa", come per esempio quelle di mais; attualmente sono in corso delle ricerche per l'utilizzo di alghe.

L'intero processo vede la decomposizione del materiale organico da parte di alcuni tipi di batteri, producendo anidride carbonica, idrogeno e metano: la metanizzazione dei composti organici.

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Biogas e allevamento bovino

L'allevamento bovino da latte si presta molto bene per l'introduzione di impianti di biogas grazie ad alcune caratteristiche peculiari che si trovano solo in questa tipologia di allevamento. La tecnica della digestione anaerobica, infatti, con tutte le sue specificità microbiologiche e impiantistiche è di fatto molto simile a quanto già avviene nell'allevamento bovino da latte:

  • La microbiologia presente nel digestore, componente di un impianto di biogas, è molto simile a quella presente nel rumine di un bovino da latte e l'utilizzo degli effluenti zootecnici (equiparabili al “digestato” bovino) permette di inoculare giornalmente l'impianto di biogas con tutta la flora batterica necessaria al corretto equilibrio di processo;

  • L'effluente bovino contiene tutti gli elementi nutritivi (macromolecole e micronutrienti) indispensabili per un corretto sviluppo del processo produttivo;

  • Gli effluenti zootecnici sono disponibili regolarmente per tutto l'anno, seppur con caratteristiche chimiche e quantitative che possono variare nelle diverse stagioni;

  • Il digestore, come avviene nell'allevamento bovino, viene alimentato con una “razione” che deve essere controllata per evitare squilibri nella microbiologia e nell'idraulica dell'impianto;

  • Il digestore produce un effluente di scarto, chiamato “digestato”, che qualora prodotto partendo da soli effluenti ha praticamente le stesse caratteristiche degli effluenti zootecnici e non modifica gli assetti colturali dell'azienda;

  • La gestione degli effluenti non viene modificata in quanto la riduzione del volume è molto limitata, gli stoccaggi necessari cambiano di poco e la distribuzione in campo può essere fatta con gli stessi mezzi utilizzati per gli effluenti tal quali.

 

Il processo biologico

Il processo di digestione anaerobica consiste nella degradazione della sostanza organica ad opera di diverse specie di batteri, in ambiente privo di ossigeno, attraverso stadi di mineralizzazione e gassificazione, con formazione principalmente di una miscela di metano - CH4, e anidride carbonica - CO2, e con conseguente stabilizzazione del substrato di partenza.

La digestione anaerobica di un substrato organico semplice quale il glucosio è un esempio di degradazione in cui, attraverso un composto intermedio quale l’acido acetico, si ottengono come prodotti finali metano e anidride carbonica (reazione di fermentazione metanica anaerobica).

C6H12O6 -> 3CH3COOH CH3COOH -> CH4 + CO2

Metano e anidride carbonica costituiscono i componenti principali della miscela gassosa che si forma a seguito del processo di degradazione, unitamente ad altri gas (quali ad esempio ammoniaca - NH3, idrogeno solforato - H2S) la cui presenza dipende dalla composizione chimica delle matrici utilizzate come substrato di partenza.

Il processo di degradazione della sostanza organica che porta alla formazione di biogas coinvolge almeno tre gruppi distinti di microrganismi che utilizzano differenti substrati e il cui metabolismo dà origine a differenti prodotti. I microrganismi attivi nei processi di digestione anaerobica sono quasi esclusivamente batteri, in quanto funghi, alghe e protozoi, essendo organismi aerobi, non possono vivere in ambiente privo di ossigeno. 

I batteri presenti in un digestore possono inoltre essere ulteriormente distinti in batteri facoltativi e batteri anaerobi obbligati: i primi, che sono più numerosi e sono quelli maggiormente coinvolti nella produzione di acidi organici (caratteristica delle prime fasi del processo), sono in grado di vivere sia in ambiente aerobico che anaerobico e si riproducono molto più velocemente dei secondi, in quanto attivi in condizioni ambientali molto più diversificate. Gli anaerobi obbligati, al contrario, sono fortemente inibiti dalla presenza dell’ossigeno, si sviluppano più lentamente e in condizioni più strettamente controllate; essi sono altamente specializzati e sono i protagonisti delle ultime fasi del processo di digestione, in quanto responsabili della produzione di gas e in particolare di CH4. 

Oltre ai produttori di metano, nel processo di digestione anaerobica sono coinvolti altri gruppi di batteri in grado di ridurre le molecole di substrati che fungono da accettori di idrogeno (ad es. riduttori di composti organici, di solfati, di nitrati e nitriti); dal metabolismo di questi batteri si generano rispettivamente acidi, aldeidi, chetoni, alcoli oltre a sostanze inibenti quali acido solfidrico (il cui contenuto dipende dalla quantità in zolfo inizialmente presente nel substrato da trattare) e ammoniaca. 

La tabella mostra una schematizzazione dei diversi stadi che caratterizzano il processo di digestione anaerobica.

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Dato che i batteri acidogeni, coinvolti nel primo stadio, hanno velocità di crescita molto maggiore rispetto a quelli acetoclastici, l’intero processo viene controllato e limitato da questi ultimi, il cui tempo minimo di duplicazione è di circa 2-3 giorni alla temperatura ottimale di 35 °C, contro le 2-3 ore dei primi; i batteri acetoclastici sono responsabili della produzione di circa il 70% del metano prodotto globalmente durante la digestione, mentre il rimanente 30% è quello originatosi dalla riduzione della CO2 da parte dei batteri idrogeno-obbligati. 

A causa della complessità della struttura delle proteine che costituiscono i diversi substrati da avviare a digestione, è evidente come il metabolismo di tali composti possa dare luogo, oltre alla produzione di ammoniaca - NH3, alla formazione di svariati prodotti finali: a seconda della struttura chimica e dei gruppi caratteristici degli amminoacidi componenti (alcuni amminoacidi, ad esempio, quali cisteina o metionina contengono zolfo, altri, quali fenilalanina o tirosina, gruppi aromatici…) possono prodursi H2S, fenoli, ammine, mercaptani, CO2. 

Particolare importanza per l’andamento dell’intero processo riveste, tra gli intermedi prodotti a seguito della demolizione della sostanza organica, proprio lo ione ammonio; tale composto inorganico, che si genera a seguito della protonazione dell’ammoniaca, è infatti determinante per l’andamento dell’intero processo per la sua capacità di tamponare l’acidità prodotta nei primi stadi della degradazione e per stabilizzare di conseguenza il pH dell’ambiente di reazione. È evidente, sotto questo aspetto, come la determinazione analitica quantitativa di alcuni di tali composti e parametri intermedi (vedi ad es. gli acidi volatili o l’alcalinità totale) possa fornire indicazioni estremamente utili per comprendere l’andamento globale della digestione ed evidenziare di conseguenza l’eventuale necessità di interventi.

La percentuale di metano nel biogas varia, a seconda del tipo di sostanza organica digerita e delle condizioni di processo, da un minimo del 50 fino all’80% volume/volume circa.

Visto che i microrganismi anaerobi hanno basse velocità di crescita e di reazione, occorre mantenere ottimali, per quanto possibile, le condizioni dell’ambiente di reazione. Questo deve quindi risultare da un compromesso tra le esigenze dei singoli gruppi microbici per consentire la loro crescita equilibrata. Il pH ottimale è intorno a 7-7,5, mentre la temperatura ottimale di processo è intorno ai 35 °C, se si opera con i batteri mesofili, o di circa 55 °C, se si utilizzano i batteri termofili.

Anche se i tempi di processo sono relativamente lunghi se confrontati con quelli di altri processi biologici, il principale vantaggio della digestione anaerobica è che la materia organica complessa, normalmente molto diluita, può essere convertita in un gas combustibile ad elevato potere calorifico e facilmente utilizzabile.

La figura descrive il processo di digestione anaerobica. 

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Quali sono i vantaggi?

Ricordiamo che il biogas è prodotto dalla digestione anaerobica di materiale organico (grassi, zuccheri e proteine) negli effluenti e nei sottoprodotti, ossia materiali che andrebbero comunque persi, quindi questa metodologia può essere utilizzata per generare questa risorsa da liquami zootecnici e rifiuti alimentari domestici. La materia prima nei caseifici comprende le acque di lavaggio a bassa resistenza, come i risciacqui di processo, integrati da permeato di siero di latte, ovvero il residuo della produzione di formaggio, dopo l’estrazione di proteine ​​per l’impiego in integratori energetici.

La Lake District Biogas (LDBG) è una società costituita appositamente per gestire i residui delle industrie di trasformazione alimentare e delle bevande. Il biogas prodotto può essere utilizzato per generare elettricità rinnovabile e, quindi, servire il caseificio, con conseguente riduzione di combustibili fossili; inoltre, può essere migliorato, con elaborazioni aggiuntive, per permettere un uso come biometano con l’immissione nella rete del gas locale.

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Il digestato

 

Il digestato è il residuo del processo di digestione anaerobica. Può derivare dalla digestione di:

• effluenti zootecnici;

• biomasse vegetali (di scarto o dedicate);

• sottoprodotti di origine animale (SOA);

• fanghi di depurazione;

• frazione organica dei rifiuti solidi urbani

(FORSU).

Può essere considerato un buon materiale fertilizzante, le caratteristiche chimiche di diversi

digestati ad effetto concimante più o meno pronto dipendono in larga parte da quelle dei materiali in ingresso agli impianti di digestione anaerobica.

Composizione digestato

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Sottoponendo il digestato a separazione solido/liquido si ottengono due frazioni:

1) CHIARIFICATA: fertilizzante a buona disponibilità di N. Contiene un’elevata percentuale di azoto ammoniacale sull’azoto totale, rapporto N/P piuttosto elevato.

2) SOLIDA: buone proprietà ammendanti. Concentra in sè la sostanza organica del digestato e contiene un’elevata percentuale di azoto organico sull’azoto totale (e buona parte del fosforo).

 

I principali vantaggi dell’uso agronomico del digestato:

• distribuzione di materiale stabilizzato e igienizzato;

• apporto di SOSTANZA ORGANICA;

• apporto di NPK (sostituzione concimi di sintesi);

• riduzione delle emissioni di gas serra.

 

Possibili problematiche legate all’uso agronomico del digestato:

• perdite di nitrati nelle acque (qualora si applichi in periodi non opportuni e si ecceda nelle dosi).

• emissioni di ammoniaca in atmosfera (qualora non venga distribuito con le Migliori Tecniche Disponibili) 

 

Il digestato risultante dalla digestione anaerobica delle biomasse definite è un “fertilizzante organico” e come tale deve essere distribuito nel rispetto di quanto previsto dal DM 07.04.06 (art. 10 per zone Non vuln., art. 28 per ZVN) infatti per fertilizzante si intende: qualsiasi sostanza contenente uno o più composti fertilizzanti (azotati in part.) applicata al suolo per favorire la crescita delle colture (definizione della Direttiva Nitrati, ripresa dal CBPA).

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