top of page

Shelf-life

INFORMAZIONI PRATICHE PER DEFINIRE LA DURABILITA' DI UN PRODOTTO E PER ALLUNGARE LA SU VITA COMMERCIALE 

Cosa è la shelf-life?

La shelf-life di un prodotto corrisponde alla durata della sua “vita” come alimento dalla produzione alla vendita. Si applica agli alimenti, alle bevande, ai cosmetici, ai farmaci, ai prodotti chimici, ai dispositivi, agli esplosivi, agli pneumatici, alle batterie e a molti altri articoli. Molto spesso si tende quindi a confondere la shelf-life di un prodotto alla sua data di scadenza, ma questo non è un errore da compiere perché la shelf-life rappresenta una scadenza dopo la quale il prodotto è ritenuto inadatto alla vendita. Essa va quindi a delimitare il termine massimo di vendita e il periodo entro il quale l’alimento è definito privo di rischi per la salute del consumatore. 

 

La durabilità di un prodotto in base alla sua shelf-life

Il sistema con cui si arriva a stimare la conservabilità di un alimento viene chiamato studio di shelf-life.  Per uno studio di shelf-life ci si affida molto spesso a consulenti o laboratori specializzati, ma in ogni caso il produttore dovrebbe avere molto chiari alcuni concetti di base e soprattutto gli obiettivi che vuole raggiungere. Spesso è lui stesso l’unica fonte di una serie di informazioni necessarie per una valutazione completa e corretta del prodotto; pertanto la valutazione della shelf-life non può mai essere completamente delegata a terzi, ma deve essere frutto di una collaborazione tra laboratorio d’analisi ed azienda produttrice. Uno studio di shelf-life deve prevede una fase preliminare di valutazione di tutti gli aspetti e le caratteristiche del prodotto che possono avere un’influenza sulla conservazione.  Lo studio preliminare del prodotto è utile per formulare una prima ipotesi sulla sua conservabilità e per progettare eventuali prove che possano confermare o meno questa ipotesi.  Alcuni dei fattori per determinare la shelf-life di un prodotto sono :

 

  • Processi tecnologici di lavorazione e conservazione 

  • Caratteristiche chimico-fisiche 

  • Profilo microbiologico 

  • Presenza di sostanze o additivi con azione conservante 

  • Tipologia di confezionamento 

  • Temperature e condizioni di conservazione previste 

  • Identificazione di eventuali limiti microbiologici o chimici previsti da norme specifiche

 

Uno dei fattori più importanti riguardo la shelf-life è sicuramente la temperatura, quest’ultima va infatti a ricoprire un importantissimo ruolo in quelli che sono i processi chimici e la proliferazione dei microorganismi. Le reazioni chimiche influenzano pesantemente una shelf-life dato che sono in grado di decomporre tessuti e materiali. Questo significa che nella maggior parte dei casi un aumento di temperatura porterà ad un accorciamento della shelf-life, l’aumentare della temperatura porterebbe infatti ad accelerare queste reazioni. Alcuni esempi di reazioni enzimatiche sono: la liberazione di zolfo e ammoniaca nei prodotti della pesca vecchi o mal conservati, la conversione del glicogeno in acido lattico nelle carni appena macellate, la frollatura delle carni rosse, la stagionatura del prosciutto crudo, l'imbrunimento della frutta e della verdura. Esempi invece di proliferazioni sono invece muffa bianca intorno ai formaggi, fermentazione lattica degli insaccati, putrefazione, fermentazione lattica dello yogurt ecc.

 

Esistono inoltre di prove di conservazione frequentemente utilizzate per verificare la durabilità nel tempo di un prodotto. Per valutare le condizioni di partenza viene prevista una prima prova subito dopo la produzione, considerato come “tempo zero” , in seguito sono analizzati a cadenza prestabilita i successivi campioni, mantenuti in condizioni di conservazione definite e controllate. Maggiore è il numero delle prove, maggiore sarà l’attendibilità dei risultati, ma maggiori saranno anche i costi da sostenere.

 

Fenomeni di degradazione e parametri indicatori 

Batteri, funghi, ossigeno, attività enzimatica, luce ed umidità sono solo alcuni dei fattori alteranti a cui sono continuamente esposti i prodotti alimentari, quindi è necessario individuare per ogni studio di shelf-life i cosiddetti parametri indicatori.

 

  • Indicatori di tipo chimico/fisico: attività ione idrogeno, acqua libera, umidità, ossidazione lipidica, reazioni enzimatiche, imbrunimento non enzimatico.

  • Indicatori microbiologici: batteri acido lattici, anaerobi solfito riduttori, stafilococchi coagulasi  positivi, lieviti e muffe, bacillus cereus presunto. 

 

Il principale pericolo che si può configurare è la presenza e lo sviluppo di microrganismi patogeni, un aspetto facilmente correlabile a cattive procedure di lavorazione. Per quanto riguarda alcuni agenti patogeni, come Salmonella spp., Escherichia coli O157 o Campylobacter spp., dovranno essere assenti fin dall’inizio e per tutto il periodo di conservazione, nel corso dello studio di shelf-life potranno essere previste delle prove, ma più per accertare le qualità igieniche dell’alimento che per definirne la durabilità.

Lo sviluppo di microrganismi alteranti e le reazioni chimico-fisiche hanno conseguenze sulle caratteristiche organolettiche degli alimenti tali da renderli gradualmente non idonei alla commercializzazione. Un prodotto può rimanere completamente sicuro e commestibile, ma non essere più commercializzabile proprio in quanto non più in grado di soddisfare le aspettative dei clienti, anche solo per variazioni di colore, aroma o consistenza. Lo studio della shelf-life si deve quindi occupare anche di effettuare prove sensoriali. 

I microrganismi, oltre ad essere un pericolo per la sicurezza del prodotto, costituiscono uno dei principali fattori di alterazione. I processi di degradazione possono essere monitorate attraverso il

conteggio di determinati microrganismi indicatori, di seguito vengono elencate le principali analisi di laboratorio utilizzate a questo scopo, ma si tratta di un elenco non esaustivo. In funzione della tipologia di alimento e dei rischi associati è possibile monitorare molte altre tipologie di batteri patogeni, alteranti o indice di contaminazione.

 

  • Microrganismi aerobi mesofili

E’ un parametro che prevede il conteggio di tutte le specie batteriche in grado di crescere in ambiente aerobio a 30°C. Non ha una corrispondenza diretta con la presenza di patogeni o sulla sicurezza del prodotto, ma è un indicatore complessivo e generico di igiene e di sviluppo batterico. Negli alimenti in cui è possibile la presenza e la crescita di microrganismi, si potrà osservare un graduale aumento dei suoi valori durante il tempo di conservazione

  • Enterobatteriacee

E’ un indicatore dello sviluppo di batteri appartenenti alla famiglia delle Enterobatteriacee, che raggruppa diverse specie batteriche, tra cui batteri potenzialmente patogeni dei generi Shigella,

Salmonella, Escherichia e Yersinia.

  • Batteri acido lattici

I batteri lattici sono batteri anaerobi ossigeno tolleranti, generalmente privi di azione patogena, contraddistinti dalla capacità di convertire il lattosio e altri zuccheri in acido lattico. In determinati prodotti alimentari, come in alcune tipologie di salumi, la loro presenza è caratterizzante e necessaria per il processo di produzione. I batteri lattici sono in grado di contrastare lo sviluppo di altre specie microbiche, anche per la loro capacità di produrre batteriocine (sostanze con azione antibatterica) e di acidificare l’alimento attraverso la produzione di acido lattico. Gli ambienti di

conservazione privi di ossigeno, come il confezionamento sottovuoto o in atmosfera modificata, favoriscono lo sviluppo dei batteri lattici rispetto ad altre specie microbiche aerobie.

Nonostante la loro azione preservante a livelli elevati (>107 ufc/g) possono produrre alterazioni organolettiche in alcune tipologie di alimenti.

  • Stafilococchi coagulasi positivi

Gli Stafilococchi sono batteri anaerobi facoltativi con capacità di crescita in vari ambienti, anche acidi (fino a pH 4.2-4.3) e con scarsa acqua disponibile. Sono ubiquitari e molto diffusi negli ambienti, che come abituale flora batterica della cute dell’uomo. I ceppi patogeni di Stafilococco sono identificabili,

in genere, come coagulasi positivi. Scarsa igiene ed errori nella manipolazione dei cibi sono la principale causa di contaminazione, l’azione patogena è dovuta alla produzione di tossine da parte del microrganismo presente nell’alimento.

  • Bacillus cereus

  • Lieviti e muffe

Lieviti e muffe, oltre ad essere utili nella produzione e nella caratterizzazione di certi alimenti, costituisco una delle principali cause di alterazione e un rischio per la produzione di tossine. Rispetto ai batteri hanno una maggior capacità di svilupparsi in ambienti a pH acido e con bassi livelli di acqua libera, queste caratteristiche li rendono un pericolo per moltissime tipologie di prodotti alimentari.

Essendo microrganismi ubiquitari la contaminazione può derivare da spore presenti sia nelle materie prime che negli ambienti di lavorazione e conservazione. Per potersi sviluppare hanno bisogno di presenza di ossigeno, quindi il confezionamento sottovuoto o in atmosfera modificata limita le loro capacità di crescita.

​

Come aumentare la shelf-life di un prodotto

Affinché i prodotti possano essere tenuti sul mercato più a lungo è doveroso un allungamento della shelf-life. Per incrementarla vengono quindi usate le seguenti tecnologie.

 

  • Temperatura: come detto precedentemente l’aumento di temperatura causa un accorciamento della durata di una shelf-life, di conseguenza si portano i prodotti a temperature inferiori per rallentare il metabolismo e quindi allungare la shelf-life. Questo  è adoperato ad esempio nel congelamento e nella refrigerazione. 

 

  • Qualità: la selezione e la gestione delle materie prime, il controllo di ogni fase di lavorazione, la pulizia dei locali e delle attrezzature, le temperature di lavorazione e stoccaggio, la formazione e l’igiene del personale devono avere il massimo controllo.

 

  • Confezionamento: la stabilizzazione dell’alimento passa anche attraverso la sua adeguata protezione dai fattori ambientali per questo è necessario progettare e prevedere un adeguato sistema di confezionamento. 

 

  • Packaging: un altro metodo che può essere utilizzato per aumentare la shelf-life è quello del packaging ovvero l’imballaggio di un prodotto. Un imballaggio con bassa trasmissione di umidità ad esempio può portare ad una migliore conservazione. Anche l'utilizzo di atmosfera modificata nella confezione (sostituzione dell'aria con miscela più ricca di azoto) può estendere la durata di conservazione di alcuni prodotti. Consumare un alimento durante la shelf-life non sempre garantisce una sicurezza totale, così come mangiarlo oltre il limite non costituisce necessariamente un rischio per la salute. Secondo la maggior parte delle ricerche, i cibi in scatola possono considerarsi sicuri a tempo indeterminato, purché non vengano esposti a temperature di congelamento o superiori a 32°C. Se le confezioni dei cibi in scatola sono integre, questi alimenti possono essere considerati sicuri. E' invece indispensabile scartare gli involucri ammaccati, arrugginiti o gonfi. I cibi acidi in scatola come possono essere dei pomodorini hanno una shelf-life più corta di cibi in scatola a bassa acidità alla stessa temperatura. Il packaging si divide a sua volta in active e intelligent packaging. Il primo è un tipo di confezionamento in grado di avere un ruolo “attivo” nella conservazione dell’alimento. Può agire, ad esempio, rilasciando gradualmente sostanze con un'azione stabilizzante. Il secondo è in grado di fornire informazioni su caratteristiche e condizioni di conservazione dell’alimento contenuto, attraverso degli indicatori. 

 

  • Sottovuoto: la presenza di ossigeno è uno dei fattori che più condiziona la shelf-life di alcuni alimenti.  Il sistema più semplice per ridurne gli effetti è il confezionamento sottovuoto, in cui si elimina completamente l’aria (e così l’ossigeno) dalla confezione attraverso l’utilizzo di macchine confezionatrici specifiche. Con l’assenza di ossigeno si ottengono benefici sulle qualità organolettiche ed un incremento della shelf-life praticamente in tutti gli alimenti. Il confezionamento sottovuoto non è adatto a prodotti fragili, soffici o che verrebbero rovinati dalle pressioni prodotte da questo sistema di confezionamento.  

 

  • Atmosfera modificata: in alternativa al confezionamento sottovuoto è possibile sostituire l’aria all’interno della confezione con una miscela di gas tecnici opportunamente dosati. Rispetto al confezionamento sottovuoto non vi è lo schiacciamento del prodotto e si possono ottenere migliori effetti batteriostatici. E’ di basilare importanza che il prodotto sia correttamente sigillato e i materiali di confezionamento abbiano un sufficiente effetto barriera in modo da eliminare gli scambi gassosi con l’ambiente esterno. 

 

  • Colture starter protettive: in alcune tipologie di prodotto è possibile inoculare colture starter selezionate con la capacità di ostacolare lo sviluppo di altri microrganismi di tipo alterante o patogeno. Questo effetto è sfruttato, ad esempio, nella normale produzione di salumi fermentati, in cui interviene e si sviluppa una flora batterica protettiva di tipo lattico. 

 

  • Additivi: gli additivi alimentari sono sostanze, abitualmente non consumate come alimento, intenzionalmente aggiunte agli alimenti per uno scopo tecnico, come, ad esempio per migliorare la loro conservazione. Sono ad esempio conservanti, antiossidanti, agenti umidificanti e stabilizzanti. 

 

La data di scadenza 

La data di scadenza è un termine meno ambiguo rispetto al “da consumarsi preferibilmente entro” (oltre il quale la maggior parte del cibo è ancora commestibile). Un prodotto che ha superato questo limite potrebbe essere considerato ancora sicuro, ma la qualità non è più garantita.  

Modalità di indicazione in etichetta

Il termine minimo di conservazione (TMC), secondo il Reg. UE 1169/2011, deve essere indicato con la dicitura:

• “Da consumarsi preferibilmente entro il… ” quando la data comprende l’indicazione del giorno.

• “Da consumarsi preferibilmente entro fine…” negli altri casi.

  • “Da consumarsi entro…” seguita dalla data stessa oppure dall’indicazione del punto in cui essa è indicata sull’etichetta.

L’indicazione della data dovrà comprendere, nell’ordine ed in forma chiara, il giorno, il mese ed eventualmente l’anno. 

 

Tornando a parlare di shelf-life questa è influenzata in base al prodotto ma in generale possiamo dire che i fattori che la condizionano maggiormente sono :

 

  • Esposizione alla luce e calore

  • Umidità

  • Ossigeno 

  • Contaminazione, microbiologica, da parassiti o da animali

  • Sollecitazioni meccaniche

 

Per alcuni cibi, i problemi di salute che potrebbero insorgere dal consumo di un prodotto non più commestibile sono fondamentali per determinare la durata media di conservazione. La contaminazione batterica è inevitabile e causa una significativa proliferazione batterica negli alimenti vecchi che diventano quindi causa di tossinfezioni alimentari

 

La shelf-life dà una stima non sempre precisa del tempo in cui il prodotto può essere stoccato. Alcuni prodotti possono essere arricchiti di antiossidanti e conservanti per estendere la loro durata di conservazione.

 

Sitografia : https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/shelf-life.html

SHELF-LIFE  Informazioni pratiche per arrivare a definire la durabilità di un prodotto e a prolungare

la sua vita commerciale.

bottom of page