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Il latte e i suoi derivati 

Il latte è il prodotto secreto dalle ghiandole mammarie dei mammiferi, rappresenta il primo alimento per l’uomo e, per le caratteristiche nutrizionali sue e dei suoi derivati, si conferma come uno dei prodotti fondamentali per l’alimentazione umana in tutte le età. Se non altrimenti specificato, il latte destinato al consumo umano è quello ottenuto dalla mungitura regolare, ininterrotta e completa della mammella di mucche in buono stato di salute e di nutrizione.

 

Composizione chimica

Il latte è l'unica sostanza naturale la cui sola funzione è quella di essere utile come alimento. Più che come semplice emulsione di grassi in acqua, il latte è un insieme eterogeneo di quasi 3.000 sostanze:

1) in parte disciolte in acqua, quali i glucidi o zuccheri o carboidrati (lattosio, ecc.), sali minerali e alcune vitamine;

2) in parte disperse allo stato di fine emulsione, come i lipidi;

3) in parte in sospensione colloidale, come le proteine e il fosfato di calcio.

 

Il latte oltre a grassi, zuccheri e proteine contiene anche elementi minerali, quali: calcio, fosforo, potassio, sodio, zolfo, cloro, magnesio. Inoltre, vi sono tracce di ferro, rame, manganese, zinco, cobalto, fluoro, molibdeno e selenio.

Il latte ha pH=6,6, leggermente acido per la presenza della caseina, dell’acido carbonico, dei citrati e dei fosfati acidi, che funzionano anche come sistema tampone.

 

Valore nutritivo

Il latte è un ottimo composto di grande valore nutritivo, in virtù delle notevoli qualità biochimiche, della facile digeribilità e dell'apporto calorico pari a 65 Cal/100 g.

Oltre a grassi, zuccheri e proteine, fornisce calcio e fosforo (necessari per lo sviluppo scheletrico), magnesio, potassio, sodio, cloro e tracce di ferro. Il latte contiene numerose vitamine, tra cui quelle del gruppo B sintetizzate nel rumine ad opera dei microrganismi.

Gli enzimi presenti sono circa 26, tra cui: la perossidasi, la catalasi, le ridutasi, le fosfatasi e le lipasi.

 

Microflora del latte

Il latte per la particolare composizione chimica è un ottimo terreno di coltura per lo sviluppo di molti microrganismi.

Già all’uscita dalla mammella, il latte non è sterile ed ospita una significativa carica microbica (“contaminazione primaria”), che aumenta a causa di contaminazioni di origine ambientale. Inoltre, il latte crudo può inquinarsi durante il campionamento. Altro potenziale punto di inquinamento del latte crudo è il trasporto, che avviene alla temperatura di refrigerazione da 0 a 4°C. Tra il campionamento e l'analisi non devono intercorrere più di 36 ore. Per il latte pastorizzato, anch'esso conservato tra 0 e 4°C, gli esami microbiologici devono avvenire non oltre 24 ore dal campionamento.

  • Batteri lattici

I batteri lattici sono bacilli Gram positivi, immobili, asporigeni, anaerobi microaerofili (crescono anche in presenza di esigue quantità di ossigeno). Sono privi di catalasi, di citocromo ossidasi, di riduttasi attiva sui nitrati. Metabolizzano gli zuccheri con produzione di acido lattico.

In relazione alla temperatura, i batteri lattici si distinguono in mesofili e termofili. I mesofili si sviluppano a temperature al di sotto dei 40°C, con un optimum tra i 20 ei 30°C (Lactococcus lactis, Leuconostoc lactis, ecc.). I termofili si sviluppano a temperature superiori ai 40°C, sono indicati per formaggi cotti tipo grana (53-54°C); importanti sono: Lactobacillus delbrueckii subsp. bulgaricus e Streptococcus thermophilus.

I generi principali di batteri lattici sono: Lactobacillus; Lactococcus, Streptococcus Leuconostoc, Pediococcus.

 

Tipologie del latte alimentare

Il largo consumo di latte e di prodotti lattiero-caseari ha stimolato la ricerca e le industrie a formulare e creare nuovi prodotti, tali da coprire e soddisfare le diverse esigenze del mercato e dei consumatori. Negli ultimi anni, soprattutto per il latte, è aumentata la gamma merceologica di prodotti disponibili: al latte “tradizionale” (pastorizzato, fresco pastorizzato, microfiltrato, a lunga conservazione) si sono via via aggiunte sempre nuove tipologie di latti “speciali”, costituiti da latte che presenta modificazioni del contenuto di alcuni componenti (ad esempio “latte delattosato”) o arricchito di vitamine e altre sostanze. Da alcuni anni, inoltre, anche in Italia è consentita la commercializzazione di “latte crudo” direttamente al consumatore finale, presso le aziende di produzione o in luoghi distinti da esse, tramite distributori automatici dislocati sul territorio locale. 

 

Secondo il Reg. CE 2597/1997, sono considerati “latte alimentare” i seguenti tipi di latte: 

- crudo: non sottoposto a temperatura superiore a 40 °C, né a un trattamento con effetto equivalente; 

- intero: sottoposto a trattamento termico e che, per quanto riguarda il tenore di materia grassa, viene classificato in: 

• normalizzato: con materia grassa almeno pari al 3,50% (m/m), ma è anche possibile produrre un latte con tenore di materia grassa superiore o uguale al 4,00% (m/m); 

• non normalizzato, il cui tenore in materia grassa non è stato modificato, ed è almeno pari al 3,50 % (m/m);

- parzialmente scremato: sottoposto a trattamento termico, con materia grassa tra 1,50% (m/m) e 1,80% (m/m); 

-  scremato: sottoposto a trattamento termico, con materia grassa inferiore o uguale allo 0,50% (m/m). 

 

La stessa legge autorizza inoltre le seguenti modifiche: 

• sottrazione o aggiunta di materia grassa sotto forma di crema o aggiunta di latte a ridotto contenuto di grasso; 

• arricchimento con proteine del latte, sali minerali, vitamine, da dichiarare in etichetta (“latti modificati”) - il contenuto finale di proteine dovrà essere almeno uguale al 3,8 %; 

• riduzione del contenuto di lattosio per conversione in galattosio e glucosio, da dichiarare in etichetta. 

 

Il latte crudo, prima di sottostare ai processi termici previsti dalla legge, può essere sottoposto ad alcuni pretrattamenti:

  • Pulizia centrifuga e separazione della panna: in genere effettuata a una temperatura di 55°C circa, per mezzo di una centrifuga scrematrice, elimina parte delle impurità solide che non vengono trattenute dai sistemi di filtrazione presenti negli impianti dell’allevamento e nello stabilimento di trattamento, sottoponendo il latte ad una forza centrifuga per far sedimentare le particelle più pesanti e per separare la panna, più leggera, dal restante latte.

  • Bactofugazione: è un processo fisico, effettuato a 75°C, che sfrutta la forza centrifuga come mezzo di risanamento del latte e che consente di separare dal latte parte (circa il 99%) dei microrganismi e delle spore, significativamente più pesanti. 

  • Omogeneizzazione: è un processo, puramente meccanico, che consente di frantumare in appositi apparecchi, detti “omogeneizzatori”, i globuli di grasso del latte, disperdendoli in modo uniforme nella massa liquida, riducendo la loro capacità di aggregazione, migliorando la dispersione del grasso ed aumentando la digeribilità del latte.

  • Microfiltrazione: è un trattamento, puramente meccanico, tramite una filtrazione fine attraverso membrane ceramiche a maglie di 1-2,5 μm, che permette di separare fisicamente i microbi dal latte; viene praticata sulla sola frazione magra del latte, senza interagire con le componenti nutritive contenute nella frazione lipidica.

 

I processi di risanamento e produzione del latte a uso alimentare tutt’oggi consolidati ed universalmente applicati prevedono l’utilizzo del calore. A seconda del livello di temperatura utilizzato e dei metodi applicati si ottengono i diversi tipi di latte: 

 

  • Latte pastorizzato: ottenuto sottoponendo il latte crudo, una sola volta se destinato a diventare latte fresco pastorizzato, o più di una volta se destinato alle altre produzioni, a trattamento termico, con l’utilizzo di tempi fra 15 e 20 secondi e di temperature comprese tra 72 e 80 °C. In tale intervallo di temperature, oltre alla distruzione della forma vegetativa dei germi patogeni, viene raggiunta un’ottima riduzione della flora microbica totale del latte. E’ minimizzato al contempo l’effetto denaturante del calore, evidenziabile dal valore percentuale delle proteine del siero non denaturate rispetto alle proteine totali.

I tipi di latte pastorizzato vengono classificati in: 

    • Latte fresco pastorizzato: prodotto da latte crudo che abbia subito un solo trattamento termico entro 48 ore dalla mungitura, presenta un contenuto in sieroproteine solubili non denaturate non inferiore al 14% delle proteine totali e un contenuto in proteine non inferiore al 2,9%(m/m); la data di scadenza è fissata nel sesto giorno successivo a quello del trattamento termico.

 

    • Latte fresco pastorizzato di Alta Qualità: prodotto da latte che non ha subito nessuna sottrazione delle sue componenti naturali, deve essere confezionato entro 48 ore dalla mungitura; presenta un contenuto in proteine non inferiore ai 32 g per litro e una percentuale in sieroproteine solubili non inferiore al 15,5% delle proteine totali; fino al momento della vendita deve essere mantenuto a temperatura inferiore ai 6°C e deve essere consumato entro il sesto giorno successivo a quello del trattamento termico.

 

    • Latte pastorizzato microfiltrato (ESL: Extended Shelf-Life): prodotto da latte sottoposto ad un processo di microfiltrazione abbinato al trattamento termico e, non rientrando nella categoria fresco, deve presentare un contenuto in sieroproteine solubili non denaturate non inferiore all’ 11 % delle proteine totali ed il contenuto in proteine totali non deve essere inferiore al 2,9 % (m/m); a regime refrigerato è garantito un tempo di conservazione più lungo rispetto al normale latte pastorizzato, in quanto la microfiltrazione allontana cellule e parti cellulari responsabili dei processi degradativi; la data di scadenza è determinata dal produttore.

 

    • Latte pastorizzato a temperatura elevata (ESL: Extended Shelf-Life): prodotto ottenuto da un trattamento termico con temperatura più elevata rispetto alla pastorizzazione classica e, quindi, i fenomeni alterativi avvengono più lentamente grazie alla maggior efficacia nella distruzione dei microrganismi; le condizioni di trattamento sono 120-135 °C per 1-4 secondi e sono applicati con tecnologie moderne di tipo indiretto o diretto (come l’infusione di vapore); il contenuto in sieroproteine è più basso di quello del latte fresco pastorizzato (per legge comunque entro l’11% delle proteine totali); presenta una vita commerciale superiore al latte fresco pastorizzato e la scadenza viene indicata dal produttore (generalmente tra le 2 e 4 settimane); deve essere commercializzato con la dicitura “latte pastorizzato a temperatura elevata”. 

  • Latte UHT (Ultra High Temperature) a lunga conservazione: latte che ha subito un trattamento termico di sterilizzazione in flusso continuo, seguito dal confezionamento asettico. Il trattamento termico per il latte UHT deve raggiungere la temperatura minima di 135 °C (anche se, nella pratica, a seconda delle tipologie, si considera un intervallo di 135-150 °C) per pochi secondi, cui segue un rapido raffreddamento fino a 25°C. 

La somministrazione di calore può essere indiretta o diretta. Sono attualmente utilizzate tre tecniche di trattamento termico: scambio indiretto di calore, scambio diretto per iniezione di vapore, scambio diretto per infusione nel vapore. Dopo il trattamento, subisce un confezionamento asettico.

Le caratteristiche organolettiche e nutritive sono meno modificate rispetto a quanto avviene con i trattamenti di sterilizzazione in contenitore, anche se è possibile constatare un appiattimento del gusto e una perdita in vitamine idrosolubili. I vantaggi di questo prodotto sono l’assenza di microrganismi vitali in forma vegetativa, ma c’è la possibilità di sopravvivenza di spore, che rimangono, però, inattive durante la shelf-life del prodotto. Il prodotto viene conservato a temperatura ambiente e in caso di cattive condizioni di conservazione (eccesso di luce o calore) è possibile incorrere in fenomeni di gelificazione o irrancidimento ad opera di proteasi e lipasi endogene o batteriche. 

Il latte deve riportare la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro (90 giorni dal confezionamento)”, ma tale intervallo di tempo è solitamente stabilito dal produttore.

 

  • Latte sterilizzato: latte che ha subito un trattamento termico finale di sterilizzazione in contenitore sigillato. Tale latte riporta la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro (180 giorni dal confezionamento)”, ma tale intervallo di tempo è in realtà stabilito dal produttore. A seconda dei sistemi utilizzati, le temperature di trattamento variano da 115 a 130 °C per 10-40 minuti e sono seguite da un raffreddamento a 15-30 °C.

Le modalità di sterilizzazione si distinguono in: 

- Modalità in discontinuo (detta anche “a batch”), cioè in autoclavi che non lavorano in continuo ma in cicli singoli. Il latte è in genere preriscaldato a 80 °C, imbottigliato, sigillato e sterilizzato. Le autoclavi possono essere divise in statiche, statiche con cestelli in movimento o rotative. Le statiche, dal punto di vista dello stress termico, sono considerate le peggiori, in quanto il latte non è tenuto in movimento e ci sono punti in cui il latte subisce maggiori danni termici. 

- Modalità in continuo, che utilizzano sterilizzatori orizzontali rotativi a valvole sigillanti (a 120-130°C per 10-12 minuti), oppure sterilizzatori idrostatici verticali, a “torre” (a temperature di 115-125 °C per 20-30 minuti). In entrambe le tipologie, il latte viene prima portato a 80 °C o trattato in UHT a 135 °C per alcuni secondi ed il trattamento viene effettuato in bottiglie di vetro o HDPE (polietilene ad alta densità) che resiste fino alle temperature di esercizio.

Il latte sterilizzato presenta grande durabilità, con conseguente facilità di gestione e stoccaggio e la possibilità di raggiungere mercati lontani, mentre la nota negativa è che dal punto di vista organolettico e nutritivo si ha una notevole modificazione del gusto e un elevato danno termico. 

 

  • Latti speciali: 

  • Latte ad alta digeribilità: prodotto ottenuto tramite la lisi enzimatica del lattosio in galattosio e glucosio con un contenuto finale di lattosio ridotto. Viene consumato da soggetti intolleranti al lattosio. Viene trattato e confezionato come il latte U.H.T, oppure microfiltrato, e deve essere conservato a temperatura di refrigerazione anche se sottoposto a trattamento UHT, poiché tende ad imbrunire; 

 

  • Latte fortificato: in questa categoria si trovano prodotti diversi, che prevedono l’aggiunta di calcio, vitamine, fibre, ferro e altri sali minerali o l’aggiunta di acidi grassi Omega 3;

 

  • Latte aromatizzato: prodotti ottenuti previa aggiunta al latte di aromi naturali o altri aromi per produrre latte aromatizzato al cacao, alla fragola, alla vaniglia ecc. Vengono sottoposti a trattamento U.H.T. e spesso viene utilizzato l’amido come stabilizzante.

 

I derivati del latte

 

Lo yogurt

Lo yogurt è un alimento altamente nutritivo e di facile digestione. La sua acidità favorisce la “predigestione” delle proteine e l’attività dell’enzima lattasi che scinde il lattosio. Apporta sali minerali tipici del latte, come calcio, fosforo e vitamine A, D e del gruppo B. Nello yogurt i fermenti lattici devono essere vivi: almeno 2 milioni di batteri per grammo.

Lo yogurt si ottiene dalla fermentazione del latte per opera di due specie batteriche in associazione (Streptococcus thermophilus e Lactobacillus bulgaricus). L’inoculazione di questi microrganismi provoca la trasformazione del lattosio in acido lattico. 

 

Il burro

Il burro è il prodotto che si ricava unicamente dalla crema di latte (panna) di vacca, con un contenuto in grassi non inferiore all’82%. La crema o panna di latte è quella parte grassa del latte che viene in superficie per affioramento spontaneo, o che viene separata per centrifugazione. La differenza sostanziale tra la crema di latte (panna) ed il burro sta nella forma che assume il grasso in essi contenuto: mentre la panna è una emulsione di grassi in acqua, il burro è una emulsione di acqua nei grassi.

La produzione di burro classica, eseguita dalle piccole e medie aziende, consiste nei seguenti passaggi:

- la crema, ottenuta dalla centrifugazione del latte, viene pastorizzata ad una temperatura più alta del latte e poi viene subito raffreddata ed addizionata di colture di batteri acidificanti e produttori di diacetile;

- la crema maturata viene messa all'interno di centrifughe, chiamate zangole (recipienti cilindrici rotanti), dove viene sbattuta per 40 minuti circa, provocando la separazione di una massa granulosa (burro) e di una frazione liquida (latticello);

- i granuli di burro vengono lavati accuratamente dal latticello con acqua fresca;

- i granuli di burro vengono impastati fino ad ottenere una massa omogenea, che viene poi confezionata in pani di diverse dimensioni.

Industrialmente, il burro si ottiene con un metodo, chiamato Fritz, molto più rapido, in un'unica macchina di ridotte dimensioni, che ripete le fasi descritte in precedenza, ma operando in modo continuo ed automatico.

 

I formaggi

Il formaggio è un derivato del latte, il cui valore nutritivo è caratterizzato da un notevole concentrato nutrizionale e calorico. Le proteine sono costituite dalla caseina, in quanto lattoalbumine e lattoglobuline vengono allontanate con il siero, e sono di alto valore biologico e facilmente digeribili, in quanto risultano in parte idrolizzate con la maturazione.

L’apporto energetico va messo in relazione soprattutto al contenuto in grassi, di tipo saturo e quindi responsabili dell’insorgenza dell’aterosclerosi, una delle cause principali delle malattie cardiovascolari. È significativo l’apporto di calcio (Ca), fosforo (P), vitamine del gruppo B, vitamine A e D. Il sodio (Na) apportato in quantità rilevanti è causa di ipertensione.

 

Produzione dei formaggi

Il processo è costituito dalle seguenti fasi:

  • Coagulazione: trasformazione del latte in un coagulo, detto cagliata, attraverso la precipitazione della caseina per via enzimatica (con caglio o presame), oppure, per i formaggi molli, anche per via acida (con acido citrico o tartarico).

  • Rottura della cagliata: mediante l’uso di particolari attrezzi (frangicagliata, spino, lira), la cagliata viene sminuzzata in frammenti più piccoli di varie dimensioni.

  • Eventuale cottura della cagliata: consiste nel riscaldare la cagliata a una temperatura di 38-48°C per i formaggi semicotti oppure 48-60 °C per i formaggi cotti. 

  • Eventuale aggiunta di fermenti, muffe o aromi vari, come dragoncello, pepe, chiodi di garofano, aglio), come nel caso dei formaggi erborinati (es: gorgonzola)

  • Sgocciolamento: favorisce il completo allontanamento del siero.

  • Pressatura e formatura: si pratica normalmente in forme cilindriche basse che conferiscono al formaggio la forma desiderata.

  • Salatura: può essere effettuata con aggiunta di NaCl a secco, per aspersione di sale grosso sulle forme, o in salamoia.

  • Maturazione: i formaggi che non vengono consumati subito possono subire una stagionatura più o meno prolungata in locali aerati e freschi, che può variare da qualche mese fino ai due anni e che è fondamentale per determinare la tipicità del prodotto.

 

Classificazione dei formaggi

Per classificare i formaggi, molti sono i criteri adottabili.

In base al contenuto di grasso, si possono differenziare: formaggi preparati con latte intero; formaggi leggeri; formaggi magri, preparati con latte scremato.

In base al tipo di latte utilizzato: di mucca, di capra, di pecora, di bufala.  

In base alla consistenza, che, ovviamente è in stretta correlazione con il contenuto di acqua, si distinguono: formaggi a pasta molle; formaggi a pasta semidura; formaggi a pasta dura.

In base alla tecnologia e, in particolare, alla temperatura di lavorazione della cagliata si definiscono: formaggi a pasta cruda, quando la cagliata non subisce alcun riscaldamento; formaggi a pasta semicotta; formaggi a pasta cotta. I formaggi a pasta filata, caratterizzati da una filatura della cagliata in acqua calda, possono rappresentare un gruppo a sé stante (es. mozzarella, provolone, caciocavallo).

In base al periodo di stagionatura, i formaggi possono essere suddivisi in: formaggi freschi, quando non subiscono stagionatura e vengono consumati entro pochi giorni dalla produzione; fior di latte, mozzarella formaggi stagionati a maturazione breve, la cui stagionatura non supera il mese; caciotta, crescenza, formaggi stagionati a maturazione media, quando il periodo di stagionatura non supera i 6 mesi; caciocavallo, fontina formaggi stagionati a maturazione lenta, dai 6 mesi di stagionatura in poi; grana padano (1-2 anni); parmigiano reggiano (1-3 anni).

Esistono anche alcuni formaggi particolari come il Mascarpone, che non è propriamente un formaggio poiché ottenuto dalla crema di latte e quindi molto ricco in sostanze grasse (47-50%), o come la Ricotta, che anch’essa non è propriamente un formaggio perché si ottiene dalla “ricottura” del siero del latte.

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“Miocrobiologia e Laboratorio”” – S. Simeoni- Ed. San Marco

“Ottimizzazione del processo di produzione di latte ESL (Extended Shelf- Life) e yogurt da bere” - Pier Luigi Erre -  CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN BIOSICUREZZA E QUALITÁ DEGLI ALIMENTI -DIPARTIMENTO DI SCIENZE AGRARIE, ALIMENTARI E AGRO-AMBIENTALI, DIPARTIMENTO DI SCIENZE VETERINARIE-Università di Pisa

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